Benché il 2015 si sia chiuso con un’economia mondiale in lieve rallentamento, le principali previsioni disponibili continuano a indicare per i prossimi anni una graduale accelerazione della crescita produttiva.
Lo scenario si fa però sempre più incerto, oscurato dalle tensioni politiche internazionali, dalla debolezza della ripresa in corso nei paesi sviluppati, dalla crisi di diversi importanti paesi emergenti, dalla frenata degli scambi, dall’instabilità dei mercati finanziari e valutari e di quelli delle materie prime.
A partire dal 2010 l’insieme delle economie emergenti, pur rimanendo il motore principale della crescita globale, ha manifestato un rallentamento che, in alcuni casi, come in Brasile e in Russia, ha assunto le caratteristiche di una profonda recessione. Nel complesso, il loro margine di vantaggio rispetto alla crescita delle economie avanzate si è progressivamente assottigliato ed è oggi sostenuto essenzialmente dalla Cina, che è diventata la più grande economia del pianeta e mantiene un tasso di sviluppo relativamente elevato, anche se in ridimensionamento. Tuttavia, proprio in Cina si manifestano con maggiore intensità le incertezze sulla consistenza della ripresa ed emergono problemi rilevanti di capacità produttiva in eccesso, pur in un contesto di maggiore importanza della domanda interna.
In ogni caso, è ormai evidente che la distinzione tra paesi sviluppati ed emergenti, che è stata la principale chiave interpretativa della congiuntura internazionale a partire dagli anni Novanta, sta perdendo rilievo e occorre sempre più saper guardare all’interno delle diverse aree, per identificare le tendenze in corso nei mercati.
Oltre ai consueti divari di crescita tra i paesi sviluppati, e in particolare tra il dinamismo degli Stati Uniti e la lentezza dell’area dell’euro, emergono divaricazioni ampie all’interno delle altre regioni, con economie in crisi (molti paesi esportatori di materie prime) e altre che manifestano un’insolita capacità di tenuta.