Sebbene una pronta ripartenza del ciclo sia più nei proclami e nelle esortazioni della politica che non nei fatti, il clima economico internazionale negli ultimi mesi è certamente cambiato: non siamo più in caduta libera ma in stagnazione e ci avviamo verso un recupero che si annuncia estremamente graduale. Dinamiche congiunturali, previsioni e mercati si prestano, ci sembra, a una lettura coerente.
Cominciamo dalle prime, ben rappresentate dalle rilevazioni di contabilità nazionale. Sia gli Stati Uniti che l’Europa hanno registrato un significativo miglioramento dopo la pesante contrazione di inizio anno, miglioramento che però non si è ancora portato dietro né una ripartenza degli investimenti né dei consumi: è significativo d’altronde che tanto le famiglie quanto le imprese, pur percependo un cambio di registro, mostrino un atteggiamento prudente che limita il rimbalzo dei rispettivi indicatori di fiducia (in questa direzione, gioco forza, pesa il protrarsi del peggioramento delle condizioni nel mercato del lavoro dove si è raggiunta una disoccupazione record). Al tempo stesso, la robusta performance delle grandi economie asiatiche in via di sviluppo, se lascia ben sperare che il rientro degli squilibri internazionali accumulati nella precedente fase storica non si rivelerà traumatico, di per sé non implica un recupero ciclico rapido “a forma di V” in Occidente.