Rapporto CER 6/2001

A metà marzo si terrà a Barcellona il vertice economico ordinario dell’Unione europea. Nell’incontro si discuteranno gli avanzamenti realizzati lungo il percorso tracciato con la cosiddetta «strategia di Lisbona», il cui obiettivo è di fare dell’Europa la più avanzata tra le economie basate sulla conoscenza, capace di sfruttare tutte le opportunità offerte dalla new economy per l’accrescimento della quantità e della qualità del lavoro.
Si potrebbe guardare a questo momento istituzionale con distacco, considerando che nessuna delle lacune europee nella diffusione della nuova economia e nella connessa propagazione di effetti di esternalità è stata colmata; che ben lontani si è, pertanto, dalla possibilità di replicare i brillanti comportamenti dell’economia americana degli anni Novanta. Ma non devono, invece, accantonarsi due ulteriori elementi di valutazione. In primo luogo, non va dimenticato che le decisioni prese a Lisbona si collocano nel solco di una strategia di crescente integrazione, che ha caratterizzato l’Unione europea fin dalla sua nascita e che certo non può essere ritenuta un completo insuccesso. In secondo luogo, nell’estrapolare le sfavorevoli tendenze del decennio passato, non possiamo ignorare il fatto che, alla fine degli anni Ottanta, lo stesso esercizio di estrapolazione avrebbe condotto a risultati ben più confortanti per l’Europa: perché allora era l’economia americana ad apparire in forte ristagno rispetto all’economia europea, mentre i ritmi di crescita del Giappone rappresentavano una meta inarrivabile per gli altri paesi avanzati.