Rapporto CER 6/2000

L’eccezionale fase espansiva attraversata dall’economia americana, e connessa dell’economia mondiale, sembra aver ormai raggiunto e superato l’apice. In questo contesto la politica monetaria internazionale, trainata da quella statunitense sembra destinata ad invertire il tono restrittivo che l’aveva caratterizzata fino al primo semestre del 2000. Come recentemente enfatizzato da alti esponenti della Fed, negli Stati Uniti almeno, con la fine dell’anno, la maggior preoccupazione ha cessato di essere l’inflazione, per tornare a essere il sostegno del livello di attività produttiva. Tuttavia, la sollecitudine, per non dire l’affanno, con cui la banca centrale americana ha corretto all’inizio del 2001 l’impostazione della politica monetaria lascia in tendere che alla base della politica restrittiva seguita dalla Fed lo scorso anno vi è stata una sopravvalutazione della capacità di tenuta dell’economia reale. Di fatto importanti segnali di un pronunciato rallentamento dell’economia reale erano incorporati sin dall’inizio dell’anno scorso dal!’andamento fluttuante di alcuni indicatori anticipatori del ciclo (quali l’indice dei responsabili per gli acquisti) e da una correzione verso il basso dei corsi azionari, in particolare dei titoli tecnologici.
Nell’analisi svolta nel rapporto monetario dello scorso anno si argomentava che la fase espansiva del ciclo sosteneva i corsi azionari e l’elevato livello di questi ultimi favoriva l’afflusso di capitali all’estero, consentendo la coesistenza di un dollaro forte e di ampi squilibri della bilancia commerciale. Tali considerazioni portavano a ritenere che il rallentamento del ciclo americano e quindi l’indebolimento dei corsi azionari si sarebbe accompagnato a un deprezzamento del dollaro. Questa previsione al momento non è stata confermata dai fatti: nonostante il rallentamento del ciclo reale e la condotta dei corsi azionari, la forza del dollaro rispetto alle altre valute è rimasta sostanzialmente inalterata. Ciò induce a una riconsiderazione delle cause che sono alla base del significativo apprezzamento della valuta americana in particolare rispetto all’euro: questo tema occupa larga parte del primo capitolo del rapporto. Dall’analisi empirica condotta in questo ambito risulta che l’attuale debolezza della moneta europea rispetto al dollaro va ricondotta principalmente al differenziale di rendimento dei titoli a lungo termine. D’altro canto il maggiore disavanzo commerciale degli Stati Uniti verso il Giappone è il maggiore responsabile della migliore performance della moneta giapponese rispetto all’euro.