Rapporto CER 4/2015

Marcello De Cecco, a cui vogliamo dedicare questo Rapporto, osservava in uno dei suoi ultimi contributi come i governi tedesco e francese fossero stati “lesti a sfruttare a proprio favore la crisi greca, introducendo nelle menti degli investitori in titoli di Stato la possibilità che il processo di convergenza tra i rendimenti non si dovesse più dare per acquisito, ma che una divaricazione potesse avere luogo….Questo, naturalmente, significò un alleviarsi del costo della crisi per questi ultimi (i governi di Germania e Francia). Si giustificava, a questo punto, anche una generalizzata richiesta ai paesi più esposti di adottare una politica di austerità”. Di quella conventio ad esculdendum, che ha inferto una ferita profonda al processo di integrazione europeo, continua a soffrire l’economia italiana. Dopo essere riusciti, con non pochi sforzi e alcuni azzardi, ad uscire dalle suddette politiche di austerità e a restituire in tal modo barlumi di vivacità alla domanda interna, la nostra economia si ritrova infatti in una fase anti-ciclica rispetto al ripiegamento della crescita mondiale. Attenuatosi dunque il sostegno dell’export e rafforzatosi di contro l’aumento delle importazioni, il Pil ha registrato, nel corso del 2015, un progressivo rallentamento dei saggi di crescita appena ritrovati, in presenza di un contributo negativo delle esportazioni nette passato, tra il primo e l’ultimo trimestre dell’anno, da -0,1 a -0,7 punti. Le esigenze di consolidare la ripresa, imprescindibili sia per riavvicinare i livelli di attività pre-crisi, sia per garantire la sostenibilità delle finanze pubbliche, vengono così a scontrarsi, in apertura di 2016, con un’evoluzione non favorevole dello scenario internazionale.