Il 2015 dovrebbe segnare la fine della più lunga e profonda recessione vissuta dall’economia italiana dall’anno della sua unificazione. I dati congiunturali continuano a presentare elementi di accentuata volatilità, ma il miglioramento del contesto esterno ha intensità tale da garantire il riassorbimento dell’avvallamento ciclico sperimentato nel corso del 2014. Secondo le nostre stime, il Pil aumenterebbe dello 0,9 per cento quest’anno, dell’1,3 per cento nel 2016 e appena al di sotto dell’uno per cento nel biennio 2017-2018. Queste valutazioni anticipano la previsione al rialzo che sarà contenuta nel DEF di prossima pubblicazione, ma al contempo sono peggiorative rispetto allo scenario che delineavamo prima dell’estate scorsa. Molto al di sotto delle attese sono infatti stati gli andamenti della seconda parte del 2014, anno nel quale il Pil italiano ha continuato a diminuire (-0,4 per cento). Il quarto trimestre ha mostrato un rafforzamento della domanda aggregata, anticipando i segnali di ripresa che si sono diffusi nei mesi successivi, ma il trascinamento ereditato dal 2015 resta di segno negativo. Parimenti, resta un ampio scostamento fra gli indicatori qualitativi (tutti improntati a un sensibile aumento) e le variabili di produzione (che stentano a ritornare stabilmente in territorio positivo). L’isteresi provocata dalla recessione ancora non può dirsi superata.