Rapporto CER 4/2008

Il primo capitolo del Rapporto analizza i fattori di accumulo e propagazione della crisi finanziaria internazionale. La più grave di sempre, se è vero che ad essa le banche centrali hanno dovuto sopperire «con iniezioni di liquidità senza precedenti nell’ammontare e nelle modalità di erogazione» (1). Come si è arrivati a tutto questo? Una spiegazione vuole che «..buona parte della responsabilità della crisi ricada sul settore pubblico, su regolamentazioni errate che hanno favorito eccessivamente i prestiti edilizi, per realizzare forse il più ambizioso dei sogni americani: una casa di proprietà per tutti» (2). É una spiegazione rassicurante, perché in linea con le prescrizioni della teoria economica degli ultimi trent’anni: disciplinare l’azione dell’operatore pubblico ed evitare interventi distorsivi sul libero mercato. La spiegazione manca tuttavia di affrontare la questione oggi fondamentale: come mai l’attività regolatoria è stata tanto debole? Perché il soggetto pubblico è stato così cedevole nei confronti dell’innovazione finanziaria? Dobbiamo cioè ritenere che la crisi sia scaturita da «banche fragili, corrotte dalla politica» (3), o è piuttosto vero che quanto accaduto può essere meglio descritto invertendo l’aggettivazione: politica debole, corrotta dai mercati (4)?