In un precedente rapporto Cer – il quarto del 1997, derivato come questo da studi condotti per il CneI è dedicato al bilancio del cittadino italiano nei confronti dello Stato sociale e ai criteri di selettività adottati nel nostro paese per l’accesso alle prestazioni sociali – era emersa una duplice esigenza: in primo luogo quella di ricondurre a coerenza e trasparenza i criteri di selezione e in secondo luogo quella di un utilizzo migliore delle risorse pubbliche che consenta di allargare nel massimo grado possibile la platea dei beneficiari delle prestazioni di welfare. Per rispondere ad ambedue queste esigenze, si avvertiva in quei lavori il bisogno di uno strumento in grado di fornire per ogni cittadino-utente un indicatore sintetico e affidabile delle condizioni economiche rilevanti con riferimento alle problematiche che il sistema di welfare è chiamato ad affrontare. Un simile strumento, che avevamo denominato col termine di redditometro, consentirebbe per un verso di omogeneizzare la base informativa necessaria a definire i criteri di selettività nell’accesso alle diverse prestazioni e per altro verso di differenziare, nei casi in cui lo si ritenga necessario, la compartecipazione dei cittadini alla spesa per l’acquisto dei servizi, con l’effetto appunto di ampliare notevolmente, a parità di risorse pubbliche impegnate, la platea dei beneficiari In sintesi, il redditometro veniva proposto dal Cer come strumento utile a massimizzare l’inclusione dei cittadini nel sistema di welfare.