Nel 2020 le restrizioni ai consumi e alla produzione imposte dalla pandemia di Covid-19 hanno condotto l’economia mondiale in una profonda recessione, di dimensioni mai sperimentate dalla fine della Seconda guerra mondiale, e hanno provocato una caduta degli scambi e degli investimenti internazionali di proporzioni analoghe al crollo del 2009.
Il crollo delle transazioni internazionali ha colpito soprattutto il settore dei servizi (turismo e trasporti) e quello energetico, penalizzato anche dal calo dei prezzi. Tra i manufatti, a parte alcune eccezioni per i prodotti necessari ad affrontare la pandemia, la caduta è stata generalizzata, con punte più elevate per gli autoveicoli e l’abbigliamento.
Oltre a scoraggiare nuovi progetti di investimento, le restrizioni necessarie per affrontare la pandemia hanno avuto effetti dannosi immediati, ostacolando il normale funzionamento delle reti di imprese basate sulla frammentazione internazionale dei processi produttivi, e in particolare di quelle, come l’abbigliamento, maggiormente dipendenti dalla presenza fisica dei lavoratori.
Questo shock si è verificato dopo un decennio in cui la crescita degli scambi internazionali aveva subito un rallentamento più accentuato di quanto prevedibile sulla base delle tendenze della produzione. Si tratta in parte di un fenomeno fisiologico, che segnala l’esaurimento della fase più espansiva della globalizzazione, in parte di una conseguenza dei mutamenti in corso nei modelli di sviluppo delle maggiori economie asiatiche, che tendono a ridurre il proprio grado di dipendenza dalle importazioni. Tuttavia, vi ha concorso anche la svolta protezionista assunta dalle politiche commerciali fino all’anno scorso.