Gran parte delle analisi sugli effetti dell’integrazione finanziaria europea ha riguardato aspetti macroeconomici, come la perdita di autonomia delle politiche monetarie nazionali, il coordinamento delle politiche economiche dei paesi aderenti, il ruolo della politica fiscale nel nuovo contesto e così via.
Scarso rilievo è stato attribuito, invece, alle implicazioni microeconomiche dell’integrazione, in particolare ai riflessi sulla struttura finanziaria dei diversi paesi. Questo rapporto si propone di contribuire, almeno in parte, a colmare questa lacuna.
E poche analisi sugli effetti dell’integrazione sui sistemi finanziari sono riconducibili a due punti di vista. Da un lato si collocano quanti ritengono che l’integrazione favorirà la convergenza dei sistemi finanziari europei verso un modello comune, contraddistinto da un sostanziale equilibrio di ruoli tra mercati e interme diari e dal graduale affermarsi di un tipo di banca “transnazionale” capace di offrire, accanto a quelli tradizionali, prodotti e servizi tipici di intermediari specializzati. Dall’altro lato stanno quanti pensano che l’integrazione porterà a una di visione internazionale del lavoro nell’industria dei servizi finanziari, con l’emerge re di funzioni prevalenti nei singoli sistemi finanziari.
Tra questi due punti di vista il secondo sembra più aderente alla realtà. Infatti, esso consente, da un lato, di spiegare le profonde differenze che intercorrono tra tipi di banca alternativi come la congfinanziaria e la banca universale e, dall’altro, di cogliere la diversa convenienza dei vari sistemi finanziari nei confronti di un’accelerazione (o di un rallentamento) del processo di integrazione.