Secondo quanto dichiarato nella NADEF, con la manovra di finanza pubblica per gli anni 2019-2021 il Governo intende avviare “un cambiamento profondo delle strategie di politica economica e di bilancio, che negli anni passati non hanno consentito di aumentare significativamente il tasso di crescita, ridurre il tasso di disoccupazione e porre il rapporto debito/Pil su uno stabile sentiero di riduzione”.
Nella fissazione degli obiettivi programmatici, questa esigenza di discontinuità viene declinata nei termini di un aumento dell’indebitamento netto, che per il 2019 viene riportato ai livelli massimi dal 2014, con un incremento di 12 miliardi rispetto al dato di preconsuntivo di quest’anno. Il disavanzo viene conservato al di sopra del valore del 2018 anche nella proiezione per il 2020-21, con uno scostamento residuo, a fine periodo, di 2,4 miliardi. In sostanza, il percorso di riduzione dell’indebitamento viene interrotto per tutto il periodo programmatico.
Una simile scelta costituisce un’effettiva rottura rispetto all’impostazione seguita nella precedente legislatura. Non ci si limita, infatti, a deviare da futuri obiettivi di avvicinamento al pareggio di bilancio, come si è fatto anche nel passato quinquennio, ma si decide di aumentare il livello del deficit rispetto a un risultato già conseguito.