Rapporto CER 2/2012

Nell’inerzia della politica europea l’economia italiana scivola in depressione, accompagnata dagli altri paesi mediterranei. Le orgogliose economie del Nord Europa sono anch’esse sull’orlo di una recessione che potrebbe rivelarsi profonda e duratura. Anche perché sta venendo meno il sostegno della domanda internazionale, fortemente indebolitasi nella prima parte dell’anno. É plausibile ritenere che la crisi dell’Eurozona stia trasmettendo impulsi recessivi al resto del mondo. La situazione europea resta fortemente contraddittoria. Per i paesi cosiddetti periferici, l’adesione alla moneta unica rappresentò l’occasione per correggere vizi antichi. Si accettò, per questo, di rinunciare allo strumento del cambio e di contenere i disavanzi pubblici all’interno di vincoli prefissati. É innegabile, ma viene negato, che importanti progressi siano stati compiuti: l’inflazione si è stabilizzata e i disavanzi sono stati, prima della crisi, sensibilmente ridotti. In Italia, negli anni della moneta unica, l’inflazione media è stata del 2,2 per cento; l’indebitamento in quota di Pil , sempre in media, è stato il 3,6 per cento. Nel decennio precedente si erano registrati valori, rispettivamente, del 4 e 6,7 per cento. I paesi della core Europe, che pure temevano la contaminazione mediterranea, hanno sfruttato le opportunità offerte dalla moneta unica, espandendo il proprio settore finanziario e traendo beneficio dal mancato riallineamento dei tassi di cambio intra-area.