Nel 2006 si è accentuato il tono restrittivo delle politiche monetarie in un contesto di aspettative ancora influenzate dalla conduzione estremamente supportiva posta in atto dalla Fed nel corso dei quindici an-ni precedenti. Ciò si è tradotto in curve dei rendimenti piatte, come nel caso dell’area dell’Euro, quando non inclinate negativamente come negli Stati Uniti per gran parte dello scorso anno. La persistenza e la dimensione di tale fenomeno hanno spinto sin da subito a considerare l’evento più in un ottica di natura strutturale che congiunturale. Sono stati ipotizzati eccessi di risparmio a livello mondiale (saving glut) oppure, più recentemente, un eccesso di preferenze per la liquidità (liquidity glut) chiaramente entrambi riferiti a tutti i paesi che non fossero gli Stati Uniti d’America dove non c’era traccia né del secondo né, soprattutto, del primo fenomeno. Anzi, per tali teorie, proprio gli eccessi di prudenza del resto del mon-do erano i responsabili degli squilibri americani supportati dal sistema finanziario che, con la sua flessi-bilità e efficienza, riusciva ad intermediare enormi quantità di finanziamenti dagli operatori in surplus (il resto del mondo) a quelli in deficit (appunto Stato e famiglie americane).