In Italia il settore pubblico ha ormai un notevole avanzo primario: le entrate eccedono stabilmente le spese al netto degli interessi. Data la crescita dell’economia, la dimensione delle ulteriori correzioni da compiere dipende dal costo medio del debito, la cui evoluzione riflette con ritardo l’andamento dei tassi d’interesse che lo Stato de ve corrispondere per collocare il suo debito sul mercato. I tassi d’interesse italiani eccedono notevolmente quelli internazionali, e in particolare quelli tedeschi. Questo differenziale, sempre positivo pur se mutevole nel tempo, dipende in larga misura da variabili «fondamentali»: squilibri di finanza pubblica, inflazione più elevata e variabile, instabilità del cambio. Su alcune componenti del differenziale può tuttavia influire anche la politica di gestione del debito da parte dell’emittente: decisioni circa la vita media e la durata finanziaria del debito; scelta degli strumenti da emettere; innovazioni finanziarie e organizzazione dei mercati.
Questo rapporto è dedicato ad un’analisi della gestione del debito pubblico nel nostro paese, per esaminare in qual misura essa sia stata coerente con il duplice obiettivo che deve porsi un emittente: da un lato minimizzare il costo del debito emesso, dati i tassi internazionali e le condizioni economiche generali; dall’altro ridurre i rischi che si manifestano in un ambiente caratterizzato da incertezza circa gli shock che possono colpire l’economia.