Rapporto Cer 2/1992

Prendiamo le mosse da alcune pur ovvie premesse sullo stato della nostra economia:
a) la finanza pubblica si trova su un sentiero insostenibile: non si ravvisano limiti men che remoti all’aumento del rapporto fra debito pubblico e prodotto interno lordo; anche su un orizzonte lungo, appare arduo riportare sotto controllo il settore pubblico.
b) gli alti tassi di interesse e il crescente costo medio del debito aggravano la situazione, ma non ne sono la causa. Due decenni di legislazione hanno predisposto e messo in moto meccanismi di crescita della spesa tali da impedire – se non a costo di un aumento continuo, e pertanto inconcepibile, della pressione fiscale – il conseguimento di saldi di bilancio compatibili con una crescita del debito non superiore a quella, di medio periodo, del prodotto.
c) in un mercato finanziariamente integrato, in cui i tassi d’interesse riflettono le aspettative di cambio, le aspettative riflettono le valutazioni dei mercati internazionali sulla situazione delle singole economie e queste valutazioni sono orientate dal rispetto di criteri di convergenza definiti nel processo di unificazione monetaria in Europa, la presenza di uno squilibrio strutturale di finanza pubblica produce un circolo vizioso: tassi di interesse più elevati – e più instabili – i quali a loro volta allontanano l’obiettivo della stabilizzazione, poiché aumentano l’entità della correzione necessaria per conseguirla.
d) gli interventi correttivi sinora messi in atto, pur non insignificanti nella dimensione, sono stati al tempo stesso inefficaci e costosi, Il costo si è manifestato nell’intasamento del sistema tributario, sottoposto alle tensioni di un eccesso di legislazione affannosa, ispirata non da una strategia di politica tributaria ma dalla tattica di impedire un troppo evidente peggioramento dei consuntivi rispetto alle previsioni dell’anno. Quegli interventi, poi, sono stati inefficaci, perché non hanno in alcun modo inciso sulle tendenze strutturali: possono correre varie cifre sull’andamento tendenziale dei conti pubblici e dei saldi; resta però indubbio che, ogni anno, le previsioni a legislazione invariata per gli anni successivi indicano peggioramenti gravissimi della situazione.