Rapporto Cer 2/1987

Nell’ultimo quarto di secolo la spesa pensionistica pubblica nel nostro paese è cresciuta più velocemente che in tutti gli altri paesi industrializzati dell’Occidente. Una intricata e disordinata produzione legislativa ha provocato al tempo stesso crescenti sperequazioni nella distribuzione delle prestazioni e, nonostante i forti aumenti dei contributi, squilibri finanziari sempre maggiori, che finiscono per gravare sulla finanza pubblica. A motivo dei cambiamenti demografici in atto, questi squilibri, a sistema dato, sono destinati a peggiorare oltre limiti di tollerabilità. La necessità di una riforma del sistema pensionistico pubblico è da tutti riconosciuta. In sede parlamentare, quasi tutti i partiti hanno presentato proposte di riforma. L’esame dei primi progetti è cominciato nella VII Legislatura (col cosiddetto Progetto Scotti) e si è protratto nella VII e, poi, nella presente Legislatura. Osserviamo che, mentre si tentava di mettere a punto una “grande riforma”, continuavano gli interventi ad hoc di sempre, al di fuori di un disegno riformatore coerente e dettati piuttosto dalle ragioni delle diverse categorie e gruppi occupazionali e da preoccupazioni di ordine politico: si accentuavano, così, la disorganicità del sistema, la contraddittorietà dei principi applicati e le disparità nei trattamenti. La crisi politica ha poi, come è già avvenuto in passato, allontanato le possibilità di attuazione dei due progetti di riforma sui quali tutte le discussioni si sono venute a concentrare: uno conosciuto come Progetto Cristofori e l’altro come Progetto De Michelis.