Nel corso degli ultimi dieci mesi, gli obiettivi di finanza pubblica sono stati modificati ben quattro volte. Per rimanere al solo 2019, il deficit programmatico è stato alzato a settembre al 2,4 per cento del Pil, poi riportato a dicembre al 2,04 per cento, a conclusione di una difficile trattativa con la Commissione europea, quindi ricollocato, col DEF di aprile, al 2,4 per cento, a motivo del debole andamento dell’economia, infine (al-meno per il momento) nuovamente abbassato al 2 per cento, con l’Assestamento di bi-lancio appena approvato. L’oscillazione del pendolo è determinata dall’iniziale tentativo di sospingere il disavanzo in chiave di sostegno dell’economia, salvo poi ritrovarsi a dover affrontare i vincoli costituiti dalla volontà della Commissione europea di non accomodare uno scivolamento del bilancio pubblico e dalla reazione dei mercati. Con l’Assestamento di bilancio, il pendolo torna a oscillare verso l’esigenza di non allontanarsi dalle regole europee e il primo anno della XVIII legislatura si chiude così come si era chiuso il 2017, l’ultimo anno di effettivo governo dell’economia della XVII legislatura: con una correzione di bilancio, allora pari allo 0,3 per cento del Pil e portata oggi allo 0,4 per cento.