La politica monetaria sembra aver raggiunto il punto di massimo del processo di restrizione. L’inflazione è in fase di rallentamento, permane al di sopra dei valori obiettivo in molte aree, ma le temute spirali inflazionistiche non si sono materializzate. La restrizione operata sul fronte dei tassi di policy ha consentito di moderare la domanda e contribuire a raffreddare i prezzi. Il rallentamento dell’inflazione, tuttavia, non è solo merito della politica monetaria. Infatti, la riduzione dei prezzi delle materie prime, in primo luogo di quelle energetiche, ha fornito il contribuito maggiore alla rapida riduzione dei tassi di inflazione. In questo contesto, sicuramente più stabile rispetto al recente passato, bisogna evidenziare che il drenaggio della liquidità immessa negli ultimi anni dalle Banche Centrali è solo agli inizi. Quindi, è probabile che ancora per un po’ di tempo si osserveranno effetti sui tassi di interesse di mercato, soprattutto dei Paesi a più alto debito. In altre parole, la possibile inversione in chiave espansiva della politica monetaria potrebbe essere in parte compensata dall’effetto della fine degli acquisti di titoli e della riduzione della liquidità.
Nonostante il rallentamento nella tendenza dei prezzi, le banche centrali appaiono molto prudenti nell’annunciare l’avvio dell’allentamento. La prudenza è necessaria perché in precedenti casi di shock dei prezzi una riduzione affrettata dei tassi di policy è stata seguita da un ulteriore ciclo di restrizione. Attendere il momento giusto per cominciare a rendere meno restrittiva la politica monetaria è la scelta più oculata che una banca centrale possa compiere in questo contesto. Infatti, è bene essere certi che non si manifestino spirali inflattive che potrebbero rinfocolare i prezzi e rendere vani i risultati fin qui ottenuti.