Rapporto Banche 1/2005

Il tratto distintivo del quadro previsivo contenuto in questo rapporto è rappresentato dalle molteplici, più o meno evidenti, rivisitazioni verso il basso delle stime precedenti. Se tale operazione è ormai divenuta, purtroppo, consuetudine per quel che riguarda il quadro reale è invece piuttosto recente per quel che riguarda lo sviluppo della redditività bancaria: infatti, è «solo» il secondo rapporto consecutivo in cui il trend della profittabilità bancaria viene rivisto verso il basso a causa degli esiti e delle difficoltà prospettiche che sembrano aleggiare sull’attività di servizio delle banche. Niente di nuovo sotto il sole della congiuntura reale verrebbe da dire. É ormai consuetudine disegnare scenari pessimistici sulle possibilità di crescita dell’economia italiana e venire costantemente smentiti verso il basso da parte degli «ultimi numeri»: in questo caso veramente tremendi si mostrano quelli di fine anno scorso e inizio d’anno che con due diminuzioni congiunturali negative consecutive decretano lo stato di conclamata recessione. Preso atto da un lato di tali andamenti e dell’altro di uno stato del commercio mondiale piuttosto favorevole, la sessione attuale di previsione pur rivedendo pesantemente al ribasso le stime di crescita per quest’anno (dall’1,6 allo 0,2 per cento) evita di mettere il segno meno davanti alla propria previsione come sembra essere moda recente dei revisori: questo per dire che anche in questo caso si mantiene un atteggiamento ottimistico! In seguito si prevede una debole crescita per il prossimo anno e una più robusta per l’anno finale della previsione. L’elemento di incertezza che questa volta sembra emergere sugli altri riguarda lo stato dei conti pubblici: la domanda interna, infatti, verrebbe sostenuta da una deriva dei conti pubblici, con un indebitamento che si collocherebbe al 5 per cento nel biennio finale della previsione e con un’incidenza del debito sul prodotto che invertirebbe il proprio trend di decrescita già a partire da quest’anno; è evidente che una manovra correttiva non potrebbe che avere effetti deprimenti sul già depresso quadro congiunturale disegnato.