LUIGI SPAVENTA

 

Spaventa_18-05-11

Il CER saluta con affetto e gratitudine Luigi Spaventa, a cui deve la sua fondazione e l’ispirazione scientifica e politica delle proprie analisi. Il rigore scientifico, la generosità del suo impegno politico, la simpatia umana ne hanno fatto un caro e amato maestro che non sarà possibile dimenticare.

Riproponiamo la sua analisi, elaborata con Antonio Pedone, su “Debito pubblico e tassi di interesse”, che apparve nel primo Rapporto del nostro Istituto, nell’ormai lontano gennaio 1982.

Il debito pubblico e i tassi di interesse (1982)
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I ricordi di ….


Suonavano gli U2
Il ricordo di Stefano Fantacone (*)
Ho conosciuto Luigi Spaventa nel 1986, quando portai al CER alcuni grafici sulla distribuzione geografica delle esportazioni italiane, rielaborati dalla mia tesi di laurea, che avevo da poco discusso. Quei grafici furono sottoposti a un vaglio severo: quali le fonti e le metodologie di calcolo usate, perché la scelta di alcuni paesi invece di altri, che differenza rispetto ad elaborazioni già esistenti. Non mancò una telefonata all’Ufficio Studi della Banca d’Italia, per valutare l’attendibilità dei dati da me proposti. Alla fine superai l’esame e compresi quanto Spaventa fosse curioso di arricchire anche con piccole evidenze quantitative la sua conoscenza dell’economia italiana. Mi chiese di scrivere un commento a quelle elaborazioni e così, con un breve capitolo monografico[1], prese avvio la mia collaborazione con il CER.
Il passo successivo fu la partecipazione alla redazione dei capitoli del Rapporto dedicati all’economia internazionale. Un lavoro che aveva il privilegio di essere svolto basandosi sui più recenti documenti del Fondo Monetario o dell’Ocse, che Spaventa portava al CER in anteprima, quasi dei ciclostilati, settimane prima che venissero pubblicati ufficialmente (l’era di internet e dell’informazione in tempo reale era di là da venire). Questa possibilità di lavorare sempre alla frontiera dell’informazione era uno degli aspetti più esaltanti della collaborazione con il Professore: era sempre il primo a conoscere l’orientamento che stavano prendendo il dibattito internazionale, la gestione della politica monetaria, la manovra di finanza pubblica. Durante infinite riunioni intorno al grande tavolo del CER, Spaventa ci dava conto di quegli orientamenti, chiedendoci di elaborare grafici, tabelle e previsioni che sapessero dare misura degli effetti sull’economia italiana delle scelte che si andavano prefigurando. Scrupoloso era l’esame dei risultati ottenuti, che si trattasse di una semplice ipotesi sul cambio della lira contro il marco, di più complesse stime sulle dinamiche dell’inflazione o di certosine verifiche sui valori programmatici del conto delle Pubbliche amministrazioni. Su tutto, il Professore era in grado di farci domande pertinenti, di evidenziare le lacune logiche dei nostri ragionamenti, di ricordarci come elaborazioni faticosamente realizzate, sui pochi e lenti computer che il CER allora possedeva, fossero ancora incomplete.
Altre volte il Professore si presentava alle riunioni con un contributo della letteratura che lo aveva particolarmente colpito e che voleva quindi venisse rielaborato e utilizzato per spiegare i fatti dell’economia italiana. Nascevano così Rapporti in cui l’attualità veniva raccontata attraverso le analisi di Michael Bruno[2], di Lipschitz e McDonald[3], di Paul Krugman[4].
Tipicamente, le riunioni di chiusura dei Rapporti si svolgevano di venerdì, per poi permettere a Spaventa di rileggere i testi nel week-end. Non erano per noi fine settimana tranquilli, perché sapevamo che il lunedì, sulle nostre scrivanie, avremmo ritrovato i nostri scritti completamente risistemati. Ed erano allora ore passate a studiare le correzioni apportate, a capire perché quell’aggettivo fosse stato eliminato, perché la punteggiatura fosse stata cambiata, a scoprire come in brevi e asciutti paragrafi fosse possibile condensare – e con quale maggiore efficacia – concetti che noi riuscivamo ad esprimere soltanto in più pagine.
E’ attraverso queste riunioni che io, e molti altri, andavamo acquisendo i ferri di quello che sarebbe diventato il nostro mestiere di economisti. Una scuola le cui lezioni frequentavamo con entusiasmo e dedizione, in un’atmosfera di collaborazione reciproca a cui ricorrevamo ogni volta per trovare la forza di affrontare il Professore.
Non sempre le cose andavano bene. Capitava che non riuscissimo a chiudere le elaborazioni nei tempi previsti o che le nostre analisi (quante volte!) venissero giudicate ancora insufficienti. Occorreva, in quei casi, moltiplicare gli sforzi, organizzare riunioni aggiuntive, dimenticare l’esistenza del tempo libero. Ma nessuno di noi si sognò mai di sottrarsi a queste regole di dedizione.
Con una sola eccezione. Era il maggio del 1987 ed eravamo in ritardo sulla chiusura del Rapporto. Alcuni dati che avevamo diffuso per una valutazione preliminare erano stati contestati ed occorreva dunque rispondere alle osservazioni, rifare in poco tempo elaborazioni a cui avevamo già dedicato molte ore. Uno Spaventa di pessimo umore convocò una riunione straordinaria, chiedendoci di andare avanti ad oltranza, finché calcoli e testi non fossero stati definitivamente rivisti. Nessuno, ovviamente, si sognava neanche lontanamente di opporsi a quella richiesta; poi, all’improvviso, una voce incontrollata uscì da me stesso, dicendo: “Professore, io non posso. Stasera suonano gli U2”! Un’affermazione troppo spiazzante, di fronte alla quale, per una volta, anche Spaventa rimase senza parole. Fra le facce sbalordite dei miei colleghi, lasciai così la riunione e mi recai al concerto.
Non so come Spaventa abbia potuto perdonarmi tanta insolenza. So però che quello fu un concerto memorabile ed è con l’emozione di quella sera che voglio ricordare il mio Professore.

[1]
CER, La mobilità geografica delle esportazioni italiane, Rapporto 4/1986.
[2] M. Bruno, Aggregate Supply and Demand Factors in OECD Unemployment: An Update, Economica, Supplement, 1986; CER, Costo del lavoro e busta paga, Rapporto 6/1987.
[3] L. Lipschitz and D. Mc Donald, Real Ecxhange Rates and Competitiveness: A Clarification of Concepts and Some Measurements for Europe, IMF, Working Papers, n.91, 1991; CER, Le due inflazioni, Rapporto 5/1991.
[4] P.R. Krugman, Target Zones and Exchange Rates Dynamics, Quarterly Journal of Economics, Agosto, 1991; CER, La crisi dello Sme, Rapporto 5/1992.

(*) Stefano Fantacone è l’attuale direttore del CER.
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Una nuvola di fumo
Il ricordo di Maurizio Pala (*)
Ricordare Luigi Spaventa è un impegno doloroso ma, insieme, irrinunciabile, che consente di richiamare alcuni tratti professionali ed umani che hanno segnato il suo non breve percorso nell’attività’ del Centro; un percorso personale nel quale, peraltro, non sono mancati incarichi pubblici ed istituzionali di altissimo profilo. Ho conosciuto Luigi poco più di cinquanta anni fa’. Aveva meno di trent’anni, ma era già un punto di riferimento, un leader naturale, direi. Con una rara capacità di dirigere la sua superiore intelligenza e la sua grande padronanza della teoria economica verso un impiego utile ad interpretare la realtà quotidiana. Tanti anni più tardi, nell’estate del 1981, quando insieme a pochi altri amici maturammo l’idea di dare vita ad una iniziativa culturale, con la costituzione del Centro Europa Ricerche, Luigi aderì immediatamente con convinzione – e sì che non era facile ad entusiasmi – solo quando fu rassicurato sulla comune scelta di fondo, che era quella di analizzare, sotto diversi aspetti, la condizione e le prospettive dell’economia italiana ed internazionale, al riparo da qualsivoglia condizionamento. Fu, infatti, prevalentemente sua la proposta di produrre con regolarità periodica i Rapporti CER, un veicolo pensato per esporre opinioni indipendenti sulle tematiche più controverse dell’economia. E qui il suo rigore e la sua ineguagliabile capacità di sintesi avevano modo di manifestarsi al meglio. Chi di noi non ricorda quante volte, dopo avergli sottoposto dati ed elaborazioni quantitative (all’inizio senza il conforto dei computers!) e aver tentato di esporgli una interpretazione dei risultati fino a quel momento raggiunti, la nuvola di fumo del suo toscano extra vecchio era attraversata da un raggelante “E allora?”. Segno inconfondibile che Luigi era già entrato in profondità nell’argomento e stava mettendo a fuoco il modo per condurre ad unità il tema del Rapporto in preparazione, trovando sempre il “filo rosso” del ragionamento da esporre. Anche in questo – come nella scelta dei temi dei Rapporti – era un maestro senza rivali. Credo di poter dire che questo suo insegnamento è un’eredità ben custodita da coloro che oggi seguitano a guidare il CER. Quasi che un allenamento del rigore dell’analisi o un cedimento a letture convenzionali dei fatti economici esponessero ancora alla sua critica o a qualche sua battuta sarcastica, espressa come sempre con riflesso fulmineo.
(*) Maurizio Pala è stato il primo direttore del CER. E’ oggi magistrato presso le Sezioni Riunite della Corte dei Conti.
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Floppy disk
Il ricordo di Pierluigi Morelli (*)
Il mio ricordo del Prof. Spaventa (nessuno riuscirà mai a non farmi anteporre Prof al nome di Spaventa) è fortemente legato a miei primi anni al CER e questo nonostante che io mi sia laureato con Lui nel lontano 1988, alla Sapienza, nella mitica facoltà di Statistica. In quei periodi al CER in cui muovevo i miei primi, incoscienti passi nel mondo del lavoro e della ricerca applicata, decisive erano quelle riunioni, in una sala spesso poco illuminata, in cui al capo del tavolo il Prof, dopo averli letti tutti, discuteva dei testi di ognuno, impostava i futuri temi di ricerca e fingeva di farsi spiegare la congiuntura del momento, sorbendosi una notevole mole di grafici che le nostre ridotte capacità di sintesi rendevano necessari per formulare una tesi che il Prof era in grado di condensare in poche battute. Ovvio che in quelle riunioni, spesso si era messi nella condizione di studente all’esame di economia (situazione che del resto gli era congeniale e che un po’ gli piaceva), ma, in cambio, sempre si era messi in condizione di imparare e progredire nella conoscenza della triste scienza. Come unica rivalsa potevamo sfruttare la nostra maggiore confidenza con il computer (vecchi macinini con i floppy disk che si stavano diffondendo in tutti gli uffici) che il Prof affrontava con la sua consueta curiosità e apertura mentale ma che qualche volta (spesso) lo respingevano a causa di quello scarto generazionale che i sistemi operativi di quei tempi (c’era ancora il DOS) non consentivano di superare facilmente. Ecco devo dire che se devo ricordare un immagine di felicità, di genuina felicità, del Prof, la vedo quando orgoglioso ci mostrava come era riuscito a fare una cosa su Lotus (era prima di Excel) meglio e più velocemente di come gliel’avevamo detta noi.
Grazie per tutto Prof.
(*) Pierluigi Morelli è stato a lungo l’econometrico del CER. Lavora oggi presso l’Ufficio studi dell’ABI.
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Punto e virgola
Il ricordo di Vincenzo Chiorazzo (*)
Conobbi Spaventa agli inizi degli anni Novanta. Ero stato selezionato dal CER, di cui egli era prestigiosa guida scientifica, per occuparmi di analisi e previsioni macroeconomiche e fui richiesto di avere con lui un colloquio, credo per il definitivo imprimatur.
La conversazione fu breve, ma bastò a farmi capire quanto impegnativi sarebbero stati i miei compiti. Non mi sbagliavo. Il suo rigore analitico non faceva sconti. I ricercatori lo capivano ogni qualvolta si vedevano restituiti i capitoli dei Rapporti da lui minuziosamente commentati e non di rado rivoltati come calzini: nella struttura, nelle interpretazioni, nella scrittura, per la quale non tollerava approssimazioni (ricordo che diceva: valorizziamolo, sto’ punto e virgola!).
Luigi aveva una particolare propensione a cercare nei dati e nella verifica empirica la validità ultima di quelle teorie economiche che padroneggiava come pochi. Fu il mio ruolo di gestore del modello econometrico (assieme, forse, ad una qualche sua benevolenza nei miei confronti) che mi mise in condizioni di intessere con lui una relazione piuttosto intensa, sfociata, dopo l’ammissione dell’Italia alla moneta unica ch’egli aveva valutato molto improbabile, nella decisione di raccontare insieme, in un libro, quella vicenda (non si dovrebbe mai confondere l’improbabile con l’impossibile…ne era l’incipit[1]).
La scrittura di quel breve saggio resta per me esperienza indelebile, anche per il come essa avvenne; gli impegni istituzionali non lasciavano molto tempo a Luigi e dovevamo dunque ritrovarci spesso a casa sua nel weekend, accompagnati da inseparabili “amici”: il cane e i numeri delle Appendici alle Relazioni della Banca d’Italia.
Dopo quell’esperienza il dialogo non si era mai interrotto. Nel luglio del 2011, solo qualche giorno prima che la malattia lo colpisse, e nel mentre la crisi dei debiti sovrani cominciava a mordere con la forza che si sarebbe poi pienamente sprigionata nell’autunno, gli inviai dei dati che aggiornavano un grafico di lungo periodo (che avevamo messo nel nostro libricino) sullo spread btp-bund con la componente di rischio di cambio separata da quella di rischio Paese. Si vedeva, da quel grafico, che il rischio Paese espresso a quel punto dallo spread complessivo, arrivato a 330-340 punti, era circa il doppio di quello che si era visto nel pieno della crisi del 1995, ove il confronto fosse stato fatto su base omogenea, considerando cioè, per il 1995, il solo country risk. Alla mia notazione rispose: “penso che nello spread attuale ci sia un pezzo di rischio di cambio, ossia di rischio di dissolvimento dell’euro”. Ancora una volta aveva intuito prima di altri: dovettero passare mesi, prima che tutti parlassero di rischio di “ridenominazione”.
Ciao Luigi e grazie per tutto quello che ci hai dato.
[1] Astuzia o Virtù ? Come avvenne che l’Italia fu ammessa alla moneta unica. Editore Donzelli, Roma 2000.

(*) Vincenzo Chiorazzo ha curato per molti anni la previsione del CER. E’ oggi responsabile dell’Ufficio Studi dell’ABI.
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Cappuccini e cornetti
Il ricordo di Stefania Gabriele (*)
Appena laureata, intorno alla metà degli anni ottanta, ho cominciato a lavorare al CER e dopo qualche tempo sono stata coinvolta in quello che allora era il progetto principale del Centro, l’elaborazione delle previsioni sull’economia italiana, sotto la guida di Luigi Spaventa. Alle riunioni sulla congiuntura ognuno portava il suo pezzetto di puzzle (le esogene internazionali, i consumi, gli investimenti, i tassi di interesse, le entrate fiscali, le spese….), che doveva essere incastrato bene nel modello. Spaventa era il regista mentre componevamo insieme i diversi aspetti. Con intuito e lucidità il Professore controllava le relazioni, i rapporti causali, le informazioni, esaminava le contraddizioni, faceva domande, scovava gli errori. Tutti gli errori. Sempre. Non c’era scampo. E intanto piano piano, mentre i pezzetti andavano al loro posto, si delineava un quadro plausibile, prendeva forma un sistema economico vivo e reale, in cui le teorie dovevano trovare conferma. Allora si testavano le ipotesi alternative, e poi ci si lanciava a discutere le opzioni di politica economica, a elaborare le proposte del CER. Guidati dall’intelligenza e dalla curiosità di Spaventa ci appassionavamo a questo lavoro, che considero ancora oggi una delle esperienze professionali più formative, interessanti e stimolanti che ho vissuto.
Quando Spaventa arrivava di cattivo umore si cercava di placarlo con cappuccini e cornetti, oppure con vino e biscotti, secondo l’ora, ma questo non bastava se il lavoro che si aspettava da noi non era pronto o non lo soddisfaceva. Però, quando il CIRIEC attribuì al CER un premio per la sua attività, Spaventa volle portare con sé una delegazione di ricercatori a ritirarlo ed io ebbi la fortuna di andare, e di ascoltare il suo discorso, in cui si preoccupò di mettere bene in luce i meriti dei ricercatori del Centro.
(*) Stefania Gabriele ha curato per molti anni le previsioni di finanza pubblica del CER e le analisi sul welfare. Attualmente è dirigente di ricerca all’ISSiRFA-CNR.
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Humor britannico
Il ricordo di Laura Dragosei (*)
Erano gli anni del risanamento e del grande sforzo dell’Italia per entrare nella moneta unica ed erano le prime volte che avevo l’onore di assistere alle famose riunioni preparatorie del Rapporto di previsione del CER. Un certo timore prima della riunione attanagliava noi tutti, all’idea di dover riferire al Prof. Ciascuno era “responsabile” (solo per le previsioni purtroppo!), di un pezzettino di spesa pubblica. Nel corso delle riunioni, appena dopo le sue proverbiali battute di humor britannico, la sua infaticabile attenzione nel ricostruire ogni piccolo spezzone di spesa e la sua estrema capacità di focalizzare i punti più critici per il bilancio pubblico, facevano uscire da ognuno il meglio di sé e realizzare al gruppo i migliori risultati possibili. La sua innata cortesia e cordialità facevano sciogliere gli iniziali timori.
Ricordo ancora, appena arrivata al CER, giovane neolaureata, che appresi immediatamente dell’esistenza di uno stile di scrittura asciutto e rigoroso cui era meglio imparare subito ad attenersi, chiamato “stile Spaventa”che negli anni è sempre stato un ottimo punto di riferimento.
 
(*) Laura Dragosei è ricercatrice presso il CER.
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Fotocopie
Il ricordo di Cristina Boitani (*)
Ho conosciuto il Prof. Spaventa molti anni fa. Ero da poco arrivata al CER. Non sono economista, non sono neanche laureata, ma ho avuto il privilegio di avere con lui contatti di lavoro. Contavo poco, molto poco al CER eppure lui mi ha sempre trattata con grande rispetto. Avrebbe potuto chiedere qualsiasi cosa, ma nonostante le insistenze mie e delle mie colleghe, non c’era verso, lui si faceva le fotocopie da solo.
Non avendo dimestichezza con l’economia la cosa che mi affascinava di più era sentirlo parlare inglese. Un accento a dir poco perfetto. Lo parlava con una velocità, se possibile, superiore a quella con cui si esprimeva in italiano, che era già notevole.
In quel periodo mi occupavo anche un po’ dei computer in ufficio, allora eravamo agli inizi dell’interfaccia Windows e c’era ancora il DOS, così con un po’ di curiosità e qualche conoscenza della materia si poteva mettere le mani su un PC. Mi portò il suo portatile, più che altro un trasportabile, e me lo lasciò in consegna. Notai subito della polvere di tabacco sulla tastiera. La prima cosa che feci fu di rivoltarlo a testa in giù. Cadde una pioggia di tabacco. Non c’era dubbio, era proprio il suo portatile. Quando passò nei giorni seguenti a riprendere il PC mi chiese di dargli qualche indicazione sul funzionamento di Word. E così feci. Non ci potevo credere, io avevo spiegato qualche cosa, seppur minima, infinitesimale, al Prof. Spaventa. E volle anche ringraziarmi.
Sono io che la ringrazio Professore e le mando un caro e rispettoso saluto.
 
(*) Cristina Boitani lavora nella segreteria del CER.
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La “retribuzione oraria”
Il ricordo di Ettore Carettoni (*)
Ho cominciato a frequentare Luigi Spaventa nel 1981 quando con Giorgio Ruffolo, Antonio Pedone ed altri economisti , fondò il CER per rispondere all’esigenza di avere anche in Italia un Istituto indipendente di analisi e previsioni economiche. Mi chiamarono a far parte della compagine societaria e a svolgere il ruolo di Amministratore.
Pur avendo da sempre frequentato il loro ambiente scientifico e conoscendo anche bene molti di loro, facevo spesso fatica a conciliare la loro idea di una “società commerciale” con la mia, per loro sempre troppo legata ai conti a alle cifre del Bilancio Economico. Anche Luigi era così: se una ricerca era interessante, si doveva fare e al diavolo il pareggio dei conti!
Malgrado ciò Luigi era comprensivo con le mie preoccupazioni. Ricordo un episodio che dimostra l’onestà intellettuale, la sua serietà professionale ma anche la sua generosità che spesso nascondeva dietro il suo micidiale e spiazzante umorismo anglosassone.
Un giorno si affacciò alla porta del mio ufficio e bruscamente mi disse che era insoddisfatto della retribuzione forfettaria che avevamo concordato per la sua attività professionale al CER e mi comunicò che dal mese successivo pretendeva di essere retribuito ad ora sulla base delle tariffe professionali.
Ad un amministratore fargli saltare la certezze delle cifre non è certo gradito, ma l’attività del “Professore” era essenziale per la sopravvivenza stessa del CER. Così incassai il colpo e rimasi in trepida attesa della fine del mese. Mi trovai di fronte a due pagine fitte di cifre ed orari, perché aveva indicato anche i 5 minuti. Ma la mia sorpresa fu che la somma richiesta era inferiore a quella convenuta con il metodo forfettario!
Nei mesi successivi accadde la stessa cosa e allora capii che, dandomi dei “time sheet” non corrispondenti al suo vero tempo dedicato, aveva voluto rendere più leggero al CER l’onere per la sua attività. Quando glielo dissi mi replicò che ero un pessimo amministratore perché non facevo gli interessi della Società. Aveva forse ragione ma credo che ad un amministratore sia raramente successo di dover pregare e fare pressioni – naturalmente del tutto inutili – per pagare di più un collaboratore!
 
(*) Ettore Carettoni è stato il primo amministratore del CER.
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Derby
Il ricordo di Daniele Pace (*)
Ho avuto il privilegio di conoscere Luigi Spaventa e di collaborare con Lui.
Lavorare con Luigi non era facile: il rigore intellettuale e l’insofferenza per le proposizioni non rigorosamente dimostrabili e per i luoghi comuni, impegnava il suo interlocutore ad un ferreo autocontrollo e ad uno screening preventivo di quanto stava per dire. Il tutto da realizzarsi rapidamente, perchè Luigi era tarato sui propri tempi di riflessione analitica e di comprensione: fulminei. Tra i molti maestri che ho avuto la fortuna di incontrare nella mia vita professionale è certo stato fra i più severi e rigorosi. E insieme a molti altri gli devo eterna gratitudine per questo. La palestra intellettuale ma anche professionale (il rispetto della lingua e la precisione nei tempi di redazione, ad esempio) della stesura dei rapporti bimestrali del CER mi ha consentito successivamente una rendita di posizione che ancora dura. E la capacità di impadronirsi velocemente, molto velocemente, di temi per lui nuovi nei loro dettagli tecnici mi stupisce ancora adesso. Ripeteva spesso di non avere grande simpatia per il tema della previdenza pubblica o per quello dei fondi pensione eppure, in breve, acquisì una tale padronanza del tema che era un piacere – e una preoccupazione – discutere con lui di ogni aspetto della nostra attività di ricerca su questi temi.
Ho anche avuto la fortuna di averlo come consocio al Circolo della Pipa e, più in generale, di frequentarlo talvolta in ambito extra professionale. Sono questi aspetti meno noti della sua persona ai quali corre istintivamente il mio ricordo e che vorrei, attraverso un aneddoto, condividere.
Nel Marzo del 1994 Luigi era Ministro del Bilancio. In quei giorni si trascorreva molto tempo assieme al Ministero e in Parlamento alla ricerca del consenso su interventi di riorganizzazione delle pensioni dei lavoratori dell’agricoltura. Nell’ambito dell’attività di ricerca – e di proposta- in tema di pensioni che animava il CER in quel periodo, Spaventa aveva coniato una definizione icastica della principale stortura del sistema previdenziale italiano: la clausola del pensionato più favorito, in base alla quale ogni gruppo di individui con capacità di lobbying sul Parlamento chiedeva di estendere a sè i trattamenti privilegiati appannaggio di qualche altro gruppo o categoria: in una spirale senza fine di rincorse ed aumenti delle prestazioni. Sicchè non ebbi troppe difficoltà a convincerlo a proporre al Governo e al Parlamento interventi di riduzione di prestazioni ed aumenti di contributi per i lavoratori dell’agricoltura. Quando Luigi incontrò il Ragioniere generale dello Stato e il suo principale collaboratore sui temi previdenziali, costoro lo invitarono a non presentare tale provvedimento e lo misero in guardia: nella storia della Repubblica, dissero, ogni volta che si è entrati in Parlamento con proposte di riduzione dei trasferimenti pubblici al settore agricolo, si è usciti con un loro aumento. Tuttavia Luigi era un seguace del doxastic commitment e dunque, se una cosa era giusta e vieppiù se la si era suggerita in ambito scientifico, occorreva darle seguito operativo, avendone la possibilità. Di talchè affrontò la Commissione Bilancio della Camera, forte delle sue ragioni e dei numeri che gli avevo preparato e che, ovviamente, avevano prima passato il suo esame. Come il Ragioniere generale aveva saggiamente pronosticato, riuscimmo a salvare il bilancio dello Stato da un consistente aggravio, soltanto ricorrendo ad un cavillo procedurale che impedì la votazione sul provvedimento emendato dalla Camera. Me ne disse di tutti i colori! E aveva ragione. Per consolarci e stemperare la tensione gli proposi di andare quella stessa sera allo stadio a vedere il derby. Accettò ed entrambi ipocritamente auspicammo bel giuoco e vittoria del migliore. Arrivammo al 6’ del primo tempo e appena seduti vedemmo Beppe Signori siglare il gol a favore della Lazio. Alla tensione si aggiunse il gelo. Al successivo palo colpito da Balbo la situazione divenne difficile. Ma quando al 75’ Giannini si avviò sul dischetto del rigore uno sguardo annunciò la rivincita e, forse, la tregua. Non andò così: la parata di Marchegiani e l’uscita di Luigi dallo stadio furono contemporanee e per me il clamore dell’Olimpico fu sopraffatto dal silenzio di Luigi. Che durò per oltre una settimana. Comunicava con me soltanto per il tramite della segretaria o, talvolta, più avvilentemente, per il tramite dell’usciere camminatore che mi recava documenti e richieste. Tempo dopo mi disse che mi aveva perdonato subito l’ingenuità professionale ma che non avrebbe mai potuto perdonarmi di averlo portato ad assistere ad una vittoria della Lazio nel derby.
 
(*) Daniele Pace al CER ha curato per molti anni le analisi sul sistema pensionistico. Attualmente è Professore di Economia, Etica e Finanza alla Università Pontificia Salesiana di Roma.